NEL MIO PAESE
PRISON CHRONICLES / 2016
PA
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Quando nel mio paese il sindaco deve costruire un palazzo e gli serve personale si reca in carce- re e prende i detenuti a lavorare come muratori. Prima di uscire a lavorare all’esterno del carcere il detenuto deve firmare un contrat- to: in caso di fuga la pena gli ver- rà aumentata di 5 anni e perderà tutti i benefici per il resto della detenzione. In questo modo il detenuto impa- ra a fare un lavoro, riceve uno sti- pendioeglivienescontatalabuo- na condotta. Quando a fine pena viene liberato sa fare un lavoro (un muratore serve sempre) e non è costretto a compiere altri reati rischiando di tornare in carcere. Ci sono anche altri tipi di lavoro che si possono svolgere in carce- re nel mio paese: si cuciono le to- maie delle scarpe per conto di un grande calzaturificio vengono mandati alcuni detenu- ti in una fattoria e tutti i prodotti che vengono raccolti servono per la sussistenza in carcere. La situazione economica in Ro- mania è tutt’oggi problematica; le fabbriche vengono vendute dallo stato alle società private che in capo a due anni chiudono perché falliscono. Gli operai che hanno lavorato più di un anno hanno diritto di nove mesi di cassa interazione, gli altri sono disoccupati. Gli stipendi sono mediamente bassi. In un grande mercato dove anche io ho lavo- rato, si guadagnavano 200€ al mese. Gli affitti a Bucarest si ag- girano intorno ai 300€ al mese, ma le paghe sono un po’ più alte rispetto ai 150€ dei piccoli paesi. C’è una forbice molto ampia che separa i ricchi dai poveri. Sono molte anche le persone che vi- vono per strada – molti di questi sono i ragazzi che escono dall’or- fanatrofio a 18 anni e fuori non hanno nulla – ed è in questi am- biti che si sviluppano e crescono la malavita e la criminalità. Nel 2014 è cambiato il presidente ed ora sta cercando di arginare la corruzione che prima di lui governava il paese. Nel 2007 la Romania è diventata europea, nonostante questo ancora molti rumeni migrano verso l’Italia, la Francia, la Spagna e l’Inghilter- ra perché nel resto dell’Europa si guadagna di più. Molti vanno all’estero a lavorare, si comprano la casa, mettono via i soldi e poi tornano definitivamente in Ro- mania. Ci sono anche quelli che arrivati in Italia e commettono un reato, perché non hanno niente e non sono in grado di trovare la strada che porta ad un lavoro e ad una casa. Secondo me la Ca- ritas, che offre tutti i giorni un pasto caldo, dovrebbe fare an- che un programma di graduale inserimento lavorativo. Anche piccole mansioni con pochi sol- di potrebbero ostacolare un per- corso fatto di alcol e di furti in continua escalation. Io sono arri- vato in Italia con due amici, ho dormito con loro in tenda, sono andato a mangiare alla Caritas di Milano. Ho trovato da montare un palco per uno spettacolo e ho guadagnato un po’ di soldi. Poi sono andato in un campo zinga- ri dove mi hanno ospitato e con loro ho lavorato al recupero dei bancali rotti dei supermercati e dei magazzini. Ci venivano dati i bancali rotti e noi li aggiusta- vamo. Dopo qualche mese sono tornato in Romania dove ho fatto la patente di guida e sono torna- to in Italia dove ho trovato po- sto come autista di scuolabus a Milano. Lavoravo qualche mese e poi tornavo a casa. Nel 2008 volevo tornare in Romania a tro- vare mia moglie che aspettava un bambino. Sono andato a Cascina Gobba dove ogni finesettimana si incontrano moldavi e rumeni, si prepara da mangiare e lo si vende. Volevo cercare qualcuno che mi accompagnasse in mac- china in Romania, che dovesse come me raggiungere il paese per dividere le spese di viaggio. Ho trovato la persona che cerca- vo e verso le 4 di mattina siamo partiti. Siamo arrivati al telepass di Trieste verso le 9 e siamo stati fermati dalla polizia. Ci hanno chiesto i documenti personali e del furgone: erano a posto. Ci hanno fatto aprire il cofano del furgone e hanno ac- certato che il furgone era stato rubato e i documenti erano falsi; lo hanno sequestrato e noi siamo stati portati in questura. Ci hanno portato nel carcere di Tolmezzo, dove sono stato recluso 4 setti- mane con l’accusa di ricettazio- ne. Quando sono uscito ho fatto ritorno in Romania. È nato mio figlio e fortunata- mente ero presente il giorno del parto. Li lavoravo ma non con un contratto, facevo lavori occa- sionali prevalentemente nell’edi- lizia. In seguito sono andato tre volte per qualche mese in Fran- cia a lavorare. Tornato in Roma- nia ho lavorato per circa un anno con mio suocero alla costruzione di una grande villa. Con i soldi guadagnati ho acquistato una casa dove ora vivono mia moglie e mio figlio. Nel 23012 sono tornato a Milano per tornare a lavorare nell’ambito della ristrutturazione dei bancali. Ogni due mesi tornavo a casa. Nel 2013 ho lavorato in Romania come commesso in un negozio di periferia. Ho lavorato tre mesi senza giorno di riposo per meno di 200€ al mese. Così sono torna- to in Italia. Sono andato a Pado- va, sempre in un campo zingari, e ho cominciato a rubare ottone nella zona industriale. Tornato in Romania sono stato estradato per il processo: ho pre- so, con la revoca, 4 anni e due mesi. Sono in carcere dal 2014. Quando uscirò non so nemmeno come saranno le questioni fami- gliari. Spero mia moglie mi resti fedele. Il rischio è anche che perda la famiglia. Poi mio figlio, che adesso ha quasi 8 anni, sa che sono via per lavoro. Non posso tornare a casa senza soldi. Prima di tornare da lui dovrò trovare un lavoro e guadagnare qualcosa. Ho cercato di lavorare in carcere, ma i soldi che guadagno sono proprio pochi e poi il lavoro durerà 3 mesi perché è a rotazione. Adesso gua- dagno 170€, ma 70 mi vengono trattenuti per il mantenimento, quindi mi restano 100€ e pochi spiccioli. Per natale mando a mio figlio una cartolina di auguri. La persona che ha vissuto la real- tà del carcere, quando esce deve avere la forza di cercare un lavoro e deve essere capace di accettare e seguire le regole che questo com- porta. Questo lo si potrebbe impa- rare già in carcere se ci fosse ve- ramente il lavoro. La mancanza di lavoro negli istituti penitenziari è un grave problema! Vivere in car- cere è una pena soprattutto quan- do si sente la famiglia e vieni a sa- pere che a casa non ci sono soldi e stanno male. Il lavoro potrebbe almeno eliminare questo pro- blema: la famiglia non dovrebbe pagare così a caro prezzo i nostri errori. Se un detenuto potesse la- vorare, manderebbe a casa i soldi per mantenere chi già soffre per il suo errore e la sua assenza. Lo si renderebbe anche più responsabi- le verso i figli e la moglie. A volte in carcere ci si sente trattati come animali, non viene certo conside- rata la sensibilità delle persone. Sono trattamenti che fanno perde- re la dignità e non aiutano certo il recupero della persona.
RORHOF