MISERIA E NOBILTÀ
PRISON CHRONICLES / 2010 N.7
FG
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Voglio prendere spunto dal libro “Miseria e Nobiltà” perché con scarpetta condivido la napoletanità, ma anche perché questo testo mi ha fatto riflettere. La miseria non è solo quella che rende pezzenti, che fa vivere in una stanza e cucina due famiglie intere. La vera miseria è la mancanza di quella famiglia, di quegli affetti. Questo in realtà fa vivere la detenzione: gli affetti lontani, la mancanza dei figli. Quando ero fuori pensavo a fare denaro in modo illecito, senza rendermi conto che la ricchezza vera l’avevo dentro casa. Erano i miei figli e mia moglie. Questa secondo me è “ la miseria dei valori” che mi è appartenuta. In certi quartieri di Napoli se non sei un delinquente non sei nessuno. Vige l’arte di arrangiarsi e io fin da piccolo ho respirato quell’aria. Avessi letto prima Miseria e Nobiltà! Ma chi lo conosceva… la strada sì la conoscevo bene, ma i libri! Scarpetta racconta una storia di miseria, di fame, ma di grandi valori. L’ospitalità e il cuore partenopeo dominano le scene, così come non manca la comicità. Napoli è la città dei contrasti: grande tragedia e grande comicità. Quello che alla vigilia delle feste mi porto dentro è una nascosta tristezza; con gli altri indosso la maschera di Pulcinella, la mimica di Totò, l’ironia di Eduardo De Filippo. È ‘na sceneggiata!! Ma gli altri ridono, e stanno contenti. A che serve del resto restare stesi in branda a guardare nel vuoto, tagliarsi… si muore dentro e io non voglio morire! Quando penso alle feste vivo dei ricordi: il presepe, che mi manca molto. Qui tutti parlano dell’albero, ma io vorrei vedere un pastore al posto di una lampadina - La luce dell’albero dà festa, banchetti, il pastore dà serenità, atmosfera – A cosa oggi i miei figli sono soli a fare il presepe. Quando eravamo insieme io preparavo la capanna e il muschio; erano loro poi a distribuire le statuine – Entro i 15 giorni dopo l’immacolata chiamavo i zampognari a suonare davanti al presepe. Alla vigilia di Natale andavo al mercato del pesce con mia moglie e sceglievamo il pesce per la sera. A tavola eravamo sempre tanti perché il Natale è la festa in cui si riunisce tutta la famiglia. Tornavo a casa e ammiravo quel presepe che mi ha sempre fatto riflettere. Gesù è nato in una mangiatoia, era povero, incarnava quella povertà che ho sempre visto intorno a me a Napoli. Gesù è venuto per riscattare i poveri e non per la salvezza dei ricchi. Ma allora “vo’ vede’ ch’è vinut propri p’mè?” Il libro parla però anche di nobiltà. Io la miseria la conosco, ma la nobiltà un po’ meno e allora “c’iaggia pnzà n’attim!” “Ch’ dè sta nobiltà?” A Napoli si vive molto nella farsa, ma non può essere solo una farsa. Che la nobiltà non sia anche qualche cosa che non prevede il blasone? Quindi qualcosa che non si manifesta materialmente… Ma “allor’ ch’ dè?Forse ho capito! È qualcosa che uno ha dentro. È quella cosa che ti fa rispettare la diversità; che fa amare e rispettare le donne; che fa rispettare l’innocenza dei bambini e li fa sentire una cosa sacra, e tanto altro. La nobiltà è una ricchezza interiore che può avere anche chi “ha passato tanta guaie cumm’ a me!”
RORHOF