ANALISI DELLA VITA IN CARCERE (DESTRUTTURAZIONE DELLA PERSONALITÀ)
PRISON CHRONICLES / 2011 N.9
ML
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Per mia esperienza personale, dopo aver vissuto oltre dodici anni in carcere posso dire semplicemente che l’esperienza prolungata all’interno di una struttura penitenziaria ha per certi versi, un impatto positivo se parlo della riscoperta dei veri valori della vita in sé. Mi riferisco alla famiglia, alle persone a noi care e a tutte quelle piccole insignificanti cose che quando si è liberi non vediamo perché presi dalla frenesia quotidiana, in carcere ogni giorno è sempre uguale. La riscoperta della fede è un altro lato positivo del carcere. Ci si sente abbandonati, soli, disperati e afflitti dai rimorsi per gli atti compiuti di cui ci rendiamo conto di non essere i soli a doverne pagare le conseguenze e quindi ben presto ci si accosta alla fede con la speranza che il buon Dio ci aiuti e ci perdoni. Non potete nemmeno immaginare quanta forza ci vuole per andare avanti ogni santo giorno e l’amore fa veramente miracoli… Avere fede secondo me significa appunto saper Amare. Vivere in carcere nella sofferenza, nella solitudine quasi estrema; ci fa riscoprire ed assaporare ancora una volta la vera gioia della vita, in tutte le sue forme e sfaccettature, proprio come quando eravamo bambini che ad ogni cosa che ci veniva mostrata restavamo senza respiro per la meraviglia. Questa riscoperta non è altro che un modo per far prevalere il bene che c’è ancora in noi, accrescendolo ed evolvendolo, affinchè vinca sul male che con gli anni siamo riusciti a sviluppare e tornare quindi ad essere delle persone responsabili, rette e con dei valori veri, non futili come il denaro. Per riuscire in questa grande impresa serve l’aiuto di persone che siano soprattutto cariche di umanità e di una forza propria, perché in questa società di truffaldini, dove ogni uno pensa a se stesso o alla sua poltrona, il pianeta carcere rimarrà sempre tale… se tutto va bene!!! Il secondo punto che vado ad illustrare è sicuramente quello più spigoloso perché tratta l’impatto negativo del chiudere una persona in carcere. L’individuo così chiamato, oppure il soggetto... Ho dato l’idea? La destrutturazione della personalità dell’uomo rinchiuso in tre metri per quattro, per almeno venti ore al giorno senza far nulla, inizia proprio da qui. La noia, i mille pensieri, mai un diversivo costruttivo, nulla più nulla uguale nulla. La psiche di un uomo forte viene messa a dura prova dalla routine e dall’inerzia più assoluta. Il trauma magari non lo si nota nell’immediato, ma i postumi vi garantisco che rimangono per tutta la vita. Se si pensa che sulla Carta Costituzionale vi è scritto come principio inviolabile che la persona detenuta deve essere rieducata per il suo reinserimento nella società una volta scontata la pena, beh che dirvi: non è assolutamente così. Il carcere non fa altro che distruggere quel poco di buono che c’è rimasto. Io credo che ci sia molto più bene in ognuno di noi, nonostante i reati commessi, che nella maggior parte di quelle persone che sanno solo puntare il dito senza sapere perché lo fanno. Questo potete chiederlo a chi in carcere ci vive ogni giorno svolgendo il suo lavoro e arrivata la sera torna a casa pensando alla sofferenza, al disagio, al malessere che si vive, perché le strutture che ci ospitano sono repressive e invivibili. Non c’è alcun interesse nel far funzionare il sistema giudiziario, penitenziario…Che il nostro sia un Paese allo sfascio fortunatamente lo hanno capito tutti. Parlano di democrazia da portare in Iraq e via dicendo, ma non sanno guardare in casa propria di cosa e quali siano i bisogni fondamentali per essere un Paese democratico! Si preoccupano così tanto di accogliere clandestini, rifugiati, ecc.ecc... E poi cosa fanno? Li arrestano perché privi di documenti… ha ha ha, è proprio un Paese democratico. Questa parentesi era solo per farvi capire in che Stato viviamo. Ci sono leggi, regole inviolabili da rispettare, ma chi dovrebbe far valere questi principi normativi, non lo fa mai, specie quando si parla di detenuti o ex-detenuti che necessitano di sostegno per poter semplicemente tornare a vivere da persona normalissima con un lavoro, una famiglia, una vita da vivere secondo quelle regole che prima abbiamo sempre ignorato a cui vorremmo accostarci. La società??? Ma quale società; le persone che stanno in carcere sono la vera società. Lo specchio della società nuoce ricordarlo, ma è proprio il carcere. E quindi se il carcere si presenta invivibile, disumano e repressivo, come potrà essere una volta fuori di qui??? Solo pochi ce la fanno una volta tornati liberi a riprendere la vita dal lato positivo…evidentemente quei pochi hanno trascorso la loro detenzione in uno di quei rarissimi istituti (2/3 in Italia ) dove le cose funzionano e sono stati aiutati nel loro cammino di reinserimento sociale.
Concludendo in bellezza, voglio solo esprimere una mia personale idea di come e cosa dovrebbe dare il carcere per auspicare un vero reinserimento o quantomeno di indebolire l’indole delinquenziale in chi vi è ristretto:
1. Il periodo di detenzione dovrebbe servire a qualcosa, ossia; perché stare chiusi anni senza far nulla? Sarebbe molto più utile per la società e per noi stessi che il tempo da trascorrere in regime di detenzione avesse un’utilità per tutti. Ogni recluso dovrebbe lavorare per la società e per se stesso. In altri Stati democratici si è obbligati a lavorare in carcere, in modo tale che una volta scontata la pena il recluso possa avere una chance concreta il giorno che tornerà libero e di conseguenza non sarà costretto a dover commettere nuovamente reati, ecc.ecc. . La giustizia italiana quando fa il suo corso cos’è capace di fare oltre a chiuderti in una cella di 2 metri per 3 e farti stare sdraiato per 20 -22 ore al giorno? Niente! Pensate a quanti soldi pubblici si risparmierebbero! Pensate anche a quanti detenuti non ricadrebbero nel reato. In breve, occorre che chi ha il potere decisionale su quest’argomento ponga un rimedio alle lacune del sistema penitenziario al più presto. Si parla tanto di risocializzazione dell’individuo, ma l’impressione è quella che a nessuno interessi veramente… quindi? Siamo allo sfascio della democrazia, siamo al degrado assoluto, all’indifferenza. Parola di per se piena di un significato ignobile. Quanto scritto sulla famigerata Carta Costituzionale e che dovrebbe essere rispettato, viene quotidianamente violato in modo assolutamente indegno, con la più totale indifferenza. Nuoce dirlo, ma chi è qui dentro non ha alcun diritto agli occhi chiusi della società, tant’è che non vi accorgete neppure che i nostri disagi e malesseri, si riflettono quotidianamente su tutti voi.
2. La burocrazia inutile:
Non potete minimamente immaginare che perdita di tempo e spreco di denaro pubblico vi sia dietro ogni singolo detenuto e la lungaggine delle procedure che lo riguardano. Per farvi un semplice esempio l’ordinamento penitenziario prevede che per ogni semestre espiato si possano concedere al detenuto uno sconto di pena di 45 giorni. Per fare questa semplice operazione, si attendono mesi perché le richieste devono essere inoltrate al Magistrato di Sorveglianza che essendo già carico di lavoro, deve espletare anche queste banali formalità che portano via del tempo prezioso ad altre procedure più rilevanti. E’ molto semplice velocizzare il sistema, basterebbe adottare una linea esecutiva che dia tale competenza alle direzioni degli Istituti di pena in via automatica, anche perché chi conosce il recluso non è di certo il giudice che per effettuare una valutazione seria deve sempre interpellare chi lavora ogni santo giorno all’interno del carcere. Pertanto in attesa di nuove idee da parte del legislatore, andate pure avanti a spendere i vostri soldi inutilmente, così come lo sono le carceri italiane.
Voglio ribadire che l’esempio sopra riportato, era il più banale… figuratevi gli altri... che spreco.
RORHOF