PRISON CHRONICLES / 2006 I N.0
L'ATTUALITÀ VISTA E VISSUTA DAL CARCERE
Pino B
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Prima di iniziare ad esporre il mio punto di vista sul problema “carceri – sicurezza pubblica – criminalità” argomento che da anni i media trattano con alternanze di fermezza o buonismo, a seconda dei fatti eclatanti che purtroppo ormai sono sempre più frequenti.
Premetto; per rassicurare chi leggerà queste mie parole, che non ritengo che il carcere sia da abolire, anche perché fino ad oggi è l’unico sistema conosciuto per difendere la società dal crimine. Non credo con questo che le mura del carcere diano i risultati sperati dalla società stessa.
Questa istituzione totale, spesso è in grado di riprodurre criminalità.
Dei miei sessant’anni di vita ne ho trascorsi più di trenta in carcere ed ho iniziato il mio cammino di devianza a diciotto anni con il furto di una macchina “per fare un giro”.
Adesso sto espiando una pena per rapina in banca.
Perché allora non considerare anche questi aspetti, che hanno una ricaduta sociale negativa e pesante, nel momento in cui viene inflitta la carcerazione preventiva a giovani ragazzi, anche quando non è indispensabile?
Quando il 22 .12.1947 è stata promulgata la nostra Costituzione, l’Italia usciva sicuramente da un lungo periodo buio e pieno di sofferenze per tutti e tantissime cose sono cambiate e rinnovate, tante sono state solo un pochino cambiate pochissimo come il codice penale e di procedura penale che in parte ha adottato il codice “Rocco” residuo del “ventennio”, e soprattutto sono restate le vecchie carceri, quasi tutte ubicate su ex conventi o castelli medioevali come Spoleto o Volterra o carceri storici come San Vittore di Milano o Santa Maria Maggiore a Venezia costruiti nel fine ottocento, o come la casa circondariale di Bolzano, che è un vecchio edificio risalente al periodo austroungarico.
Lentamente sono state modificate, sia le prigioni che i codici ma il vero primo grande cambiamento è avvenuto negli anni settanta il primo segnale è stato dato dall’introduzione della scadenza dei termini della carcerazione preventiva, che fino al maggio 1970 esisteva solo per la fase istruttoria, una volta che l’istruttoria era chiusa i rinviati a giudizio potevano essere tenerti dentro all’infinito. Con la modifica i processi di 1° e 2° e 3° grado venivano stabiliti dei termini ben precisi e perentori superati i quali l’imputato veniva scarcerato. I tempi erano ugualmente lunghissimi, ma era già un buon segno di cambiamento. Nel 1972 erano anche cambiate le regole della retribuzione per chi lavorava (quasi tutti) , a quel tempo, bisogna sapere che erano tantissime le ditte esterne che portavano lavoro manuale per i detenuti ai quali erano versati circa 12.000 lire al mese. Dopo il 72’ le cose cambiarono un po anche per il vitto, ma il vero grande cambiamento è avvenuto nel 1975 con la “riforma carceraria, che concedeva 20 giorni ogni semestre ed i permessi per gravi motivi famigliari, nonché il lavoro esterno e semi libertà con molti limiti ed esclusioni, due telefonate al mese ed altre piccole cose. Questa legge, venne poi ampliata nel 1986 con la famosa “legge Gozzini”.
Ma nel 1975 cominciarono anche le prime “emergenze”. Fuori le sempre più frequenti manifestazioni di piazza, da quelle pacifiche degli operai, a quelle connotate dalla violenza. Poi si è passati alle prime azioni di terrorismo delle varie sigle che purtroppo sono diventate famose e sanguinarie, che hanno coinvolto, anche se indirettamente, l’interno delle carceri con rivolte e scioperi a volte con conseguenze drammatiche. Tutto questo e sempre nuove “emergenze” terrorismo, mafia, camorra ecc. hanno portato alla frettolosa progettazione e costruzione di nuovi grandi carceri tutto giustificato dalla parola “emergenza”.
Anche il fenomeno “droga” ha portato grandi cambiamenti dentro e fuori dalle carceri, da un po’ poi è arrivata l’emergenza per gli extracomunitari, che è ancora attuale. Sono lo Stato e le sue varie amministrazioni, volta per volta chiamate in causa, Giustizia, Interni, Penitenziaria, Sociale e queste hanno sempre adeguato il “sistema” alle emergenze del momento, ma come dice la parola stessa “emergenza” tutto dovrebbe limitarsi a quel periodo, mentre dopo un po’ l’emergenza del momento diventa normalità e così leggi e regole che dovevano restare in vigore solo per quel determinato momento diventano stabili e applicate per altri reati e casi che in realtà poco centrano con le emergenze.
Il carcere rispecchia la società che è aldilà del muro. La società, la vita che va avanti, e non sempre nel modo giusto , è molto cambiata e cambia sempre più velocemente, con una velocità alla quale lo Stato e le sue istituzioni non sempre sono riusciti ad adeguarsi.
E come la vita cambia aldilà del muro, la vita è cambiata anche all’interno. Soprattutto è cambiato il tipo della popolazione detenuta. E’ cambiata la tipologia dei reati che portano la gente in carcere, soprattutto è cambiata la mentalità di chi entra in carcere. Sicuramente il “fenomeno droga è stato il motivo più importante che ha determinato questo cambiamento nella società e nelle carceri.
Il disagio che tanta gente, tanti ragazzi, vivono fuori, quel disagio che sarà uno dei motivi che porterà in carcere tante persone, che con la cosiddetta “malavita” non hanno nulla a che fare, e quel disagio, quei problemi se li porteranno dietro anche durante la detenzione lunga o breve che sia.
Soprattutto quei problemi e disagi che li hanno portato in carcere se li ritroveranno ancora più grandi.
Al momento in cui torneranno in libertà, sarà difficile affrontarla. Una libertà spesso effimera, illusoria, perché è quasi impossibile liberarsi dalla galera e dalla sue regole., e purtroppo tantissimi ritornano in carcere con nuovi e più gravi reati e sempre con più difficoltà e disperazione. Così diventerà una spirale infernale che non troverà mai , almeno fino a quando lo stato non interverà con un sistema valido e concreto, (e non solo Teorico) per trovare e dare un lavoro a chi esce dal carcere, dare a chi esce una vera opportunità dignitosa con cui possa guadagnarsi da vivere e non con un falso buonismo o assistenzialismo che non serve a niente se non ad umiliare chi anche nella tragedia del carcere, ha conservato ancora un po’ di dignità.
A poco servono le leggi premiali i condoni o indulti tanto criminalizzati.
Chi ora critica il condono non sa forse che la maggior parte dei 24.000 detenuti usciti aveva un residuo pena di pochi mesi.
Dopo un po’ sarebbero usciti ugualmente. Cosa cambia allora nella loro “capacità” di delinquere? Non certo il poco tempo che li separa ancora dalla libertà.
Manca invece una possibilità progettuale seguita, che inizi nel carcere e accompagni le persone all’esterno. Solo così potremmo pensare di aver veramente contribuito a restituire alla società persone in via di cambiamento.
Adesso invece restituiamo solo uomini incerti del loro futuro e umiliati.
RORHOF