Roberto V.
PRISON CHRONICLES / 2009 N.5
GUARDANDO DALLA FINESTRA
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Ogni tanto mi affaccio alla finestra, attraverso i riquadri delle sbarre vedo scorrere il fiume al di là delle passeggiate, l’ex sede dell’Alto Adige.
Sotto il muro di cinta passeggiano i cani con i loro padroni, quelli che fanno jogging.
Al mattino sulle passeggiate passano i ragazzi e le ragazze che vanno a scuola, sono lontani e non riesco a vedere i loro volti. Guardando dalla finestra mi sento distaccato, di ghiaccio.
Dal carcere non vedo la libertà, ma non fuggo il dolore di non poterla vivere. Troppe e troppo pesanti sono le emozioni che vivo qui, ma ho le spalle abbastanza larghe ormai per sopportare tutto questo: per prima la rabbia, il senso di spersonalizzazione, e la consapevolezza che tutto questo non serve assolutamente a niente. Una permanenza in carcere difficilmente migliora una persona (lo sa chiunque), nel 99% dei casi peggiora o rimane quella che è, l’importante secondo me è non farsi coinvolgere appieno in questo meccanismo perverso e vomitevole che è un Istituto di pena.
Ogni tanto nel fiume si fermano i pescatori che con stivalacci fino all’inguine, affrontano le fredde acque della Talvera con la canna in mano in attesa del pesce che abbocchi.
Dalla finestra ho visto passare l’autunno, l’inverno e la primavera e vedrò anche l’estate (zio boia!).
Pioggia, neve, sole…. Sembra tutto uguale, la differenza sta nel fatto che quando fuori è freddo la cella diventa un congelatore, visto che per sopravvivere bisogna tenere le finestre aperte.
So anche che quando tornerò a casa mia guarderò il carcere quasi alla stessa maniera, con distacco.
Neanche la rabbia mi assalirà. Lo vedrò come un frammento della mia vita, ne più ne meno, come è già successo in passato. L’indifferenza più totale ha già preso il posto della rabbia…da un pezzo ormai. Anche perché il problema vero non è il carcere, non i Magistrati e nemmeno le forze di Polizia. Il carcere in sé non ha alcuna colpa, la vera rabbia, che comunque rimane insieme al rancore e a una tonnellata di pensieri negativi, va indirizzata e canalizzata unicamente verso che cosa ha fatto in modo di privarti di parte della tua vita. Questo è l’unico insegnamento che maturi in un Istituto di pena. E quando verrà il momento, tutte le privazioni subite, tutte le convivenze forzose e forzate, tutte le schifezze che hai dovuto mangiare, tutta la convivenza obbligata che ti è stata imposta giornalmente costringendoti con ladri, ruffiani, barboni, tossici all’ultimo stadio, beoti, ignoranti e/o deficienti tarati mentali, delinquenti di ogni specie e colore… quando verrà il momento dicevamo, e il momento viene presto o tardi, si metterà tutto all’incasso nella propria mente e si trarranno gli opportuni insegnamenti.
C’è un momento per tutto nella vita, basta saper aspettare, mordere il freno, placare l’irruenza, calmierare i bollenti spiriti, poi quando meno te lo aspetti il tuo momento arriva.
C’è un tempo per pagare e un tempo per riscuotere.
RORHOF