PRISON CHRONICLES / 2009 N.5
DOVE IL TEMPO NON HA TEMPO
Zajo
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Non c’è più tempo, nessuno ha più tempo ne per sé ne per gli altri, brutto affare.
Non c’è più nemmeno il tempo per mettersi ai fornelli per un buon pranzo.
Supermercato, forno microonde e via, quasi piatti monouso.. almeno a mezzogiorno.
Brutta storia non avere più tempo.
Ma c’è un posto dove l’unica cosa che non manca è il tempo. Una favola? No. Il carcere.
A parte i pochi fortunati che lavorano per l’amministrazione penitenziaria, per gli altri passare il tempo in carcere è una scommessa nel “tempo”.
Essenzialmente in carcere si fanno tre cose: pesi (palestra), carte (da gioco) e delinquere.
Questo nella maggior parte dei casi, ci sono per esempio più persone che giocano a carte di quelle che vanno in palestra.
Poi ci sono quelli che non fanno proprio niente, a parte gonfiarsi di terapie strane.
Il tempo si cerca di farlo passare, ma come si sa, il tempo dentro non corrisponde al tempo fuori, anche se le lancette dei secondi, dei minuti e delle ore, ovviamente, segnano il tempo sempre allo stesso modo.
C’è qualcosa che fa si che “dentro” il tempo abbia passi più lunghi. Un’ora diventa lunga come un giorno e un giorno come una settimana. E via così.
Il carcere è una dimensione dove il tempo è cacciatore e preda allo stesso tempo, è paragonabile a uno sciatore che durante un salto rimane immobile sospeso in aria, nel vuoto incolmabile e silenzioso.
Tutti i giorni sono uguali. A parte i giorni festivi che sono ancora peggio. Il tempo in quei giorni davvero non esiste.
“E allora?” Direte voi.
Allora cari signori, in questi posti dimenticati c’è qualcuno che ha pensato bene di cercare di far passare questo tempo creando dei piccoli ma grandi capolavori per coloro che amano e per quei pochi rimasti che ancora credono in te, persone speciali che per lavoro e passione dedicano una parte del loro tempo a questi luoghi.
Colla, stuzzicadenti e tagliaunghie. Non c’è altro. O meglio, altro non è consentito.
Ma noi che siamo umani e tempo ne abbiamo, riusciamo a creare qualsiasi cosa dal niente.
Edifici, navi, cofanetti, cornici, macchine, coppe, moto e tutto quello che vogliamo costruire.
Siamo piccoli artigiani e artisti che passano il loro tempo regalando qualcosa che esce dal cuore per far si che le nostre menti e membra non vengano deturpate dal tempo dove esso non esiste.
Io personalmente definisco questi lavori come una sorta di riabilitazione.
In molti li vorrebbero avere, ma pochissimi riescono ad averli, perché alla fine noi non vendiamo niente, non c’è prezzo per tali lavori.
Noi li regaliamo perché dentro ogni nostro lavoro c’è una parte di noi stessi, la parte migliore, quella buona, quella che purtroppo non sempre siamo riusciti a dare a quella società che ha deciso di farci stare dove il tempo non ha tempo.
RORHOF